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Stefano Calabrese e Valentina Conti: “Fandom, più donne, meno Occidente”

Stefano Calabrese

“Fandom, più donne, meno Occidente”

Per Carocci un libro di Stefano Calabrese e Valentina Conti

Stefano Calabrese

Fandom come creazione di comunità di appassionati che, partendo dall’amore verso un prodotto artistico, creano universi alternativi rispetto all’opera originale. Fandom molto cambiate dopo la grande diffusione del web, che ha “sdoganato” la fanfiction dalle semplici fanzines (o zines), cartacee, creando webzines capaci di raggiungere una comunità molto più vasta e di generare un numero molto più ampio di prosumers. Critica accademica che si è mossa, nei confronti del fandom, attraverso tre ondate successive, vedendo il fenomeno in misura sempre più positiva. Fandom accostato a concetti chiave quali prosumer, crossmedialità e transmedia storytelling. Poi, progressiva femminilizzazione dei contenuti della fanfiction dovuta, oltre che alla emancipazione della donna, alla progressiva messa in rilievo di temi prima emarginati dalla produzione artistica mainstream, e ai differenti stili di worldmaking tra uomini e donne. Inoltre, una “orientalizzazione” dei contenuti delle fanfiction, tese più a creare relazioni tra i personaggi che rapporti tra gli eventi, come appunto fa la narrativa occidentale. Infine, Harry Potter, il caso più esteso di fandom, Cinquanta sfumature di grigio, bestseller nato in origine come una fanfiction, SuperWhoLock, modello di crossover creato dai fan di tre serie televisive.

Sono questi, in sintesi, i temi trattati in una chiacchierata con Stefano Calabrese, docente di Comunicazione narrativa all’Università di Modena e Reggio Emilia, e Valentina Conte, dottore di ricerca in Narratologia, sempre nello stesso ateneo, a proposito del loro Che cos’è una fanfiction, edito di recente da Carocci.

Cosa si intende per fandom, e quanto è cambiata la sua accezione dopo la diffusione massiccia del web, avvenuta negli anni Novanta?

Il termine fandom fa riferimento a quegli appassionati che, spinti dall’amore intenso verso un determinato prodotto artistico, si organizzano in comunità, creando universi alternativi rispetto all’opera originale, senza tuttavia violarne i confini generali. Una prima divisione tra i possibili oggetti di fandom è quella fra elementi attuali, esistenti nella realtà, e virtuali, che si presentano ai nostri sensi solo in forma mediata e finzionale. Storicamente, la prima fandom si costituì intorno alla metà del diciannovesimo secolo intorno alla figura di Jane Austen e ai suoi romanzi anche se in questo periodo ha origine il movimento organizzato di appassionati del detective Sherlock Holmes: gli Sherlockians (o gli Holmesians), che nel 1934 hanno istituito la prima società fandom con un codice formale e uno statuto che ne regolava le attività, Baker Street Irregulars.

Tuttavia sono le fandom irlandesi sorte tra gli anni Cinquanta e Sessanta per celebrare le storie visionarie della science fiction, in cui nondimeno gran parte dell’attenzione è rivolta all’attività della fandom stessa, che generano le prime narrazioni originali scritte da dilettanti quasi sempre di sesso maschile e pubblicate in fanzines (o zines). Tutto cambia radicalmente con la fandom di Star Trek, il serial TV ideato da Gene Roddenberry nel 1966. Grazie all’attività dei Trekkers le zines cominciano a pubblicare storie amatoriali imperniate su un universo narrativo già esistente, ossia fanfiction in senso proprio, e inoltre si creano le prime, fervide sovrapposizioni di mondi narrativi.

Un ulteriore cambiamento si ha nella seconda metà degli anni Novanta, con la diffusione del web che ha contribuito notevolmente allo sviluppo delle fandom, permettendo sia di raggiungere un numero maggiore di fan contemporaneamente rispetto alla carta stampata, sia di rendere più eterogenei i fanwriters e fornendo innumerevoli opportunità tecniche per creare comunità virtuali di appassionati tramite strumenti come i newsgroup, le mailing list, i forum e le webzines. Ciò ha determinato da un lato una maggiore balcanizzazione delle riscritture, indotte a specializzarsi per aree tematiche o mediali (fandom legate a film, manga, anime, cartoni animati, sostanzialmente disgiunte da quelle orientate al culto della science fiction), e dall’altro la formazione di megafandom come quelle nate all’ombra di Harry Potter e Twilight, ossia franchise di romanzi e film in grado di innescare fenomeni di massa a livello planetario.

Come si è comportata la critica accademica nei confronti di questo fenomeno?

I fan studies sono un campo di ricerca scientifica rivolta alla cultura e alle attività dei fan come singoli individui o in quanto comunità di appassionati. Una distinzione fondamentale che riguarda questo ambito è quella tra gli studi antecedenti e quelli successivi all’era digitale che in una certa misura ricalca anche un diverso atteggiamento degli accademici verso il loro oggetto di studio. A questo proposito è possibile individuare tre diverse “ondate” (waves) di indagini critiche, che forniscono un’idea più chiara di come sia cambiato l’atteggiamento del mondo accademico verso la screditata suburra dei fan.

(i) La deviation wave comprende indicativamente gli studi portati a termine tra gli anni Trenta e l’inizio degli anni Novanta. Questa fase è caratterizzata da un limitato interesse dei ricercatori per i fan, i quali vengono presentati perlopiù come individui alienati che l’industria dell’entertainment di massa manipola con la certezza di fidelizzarli.

(ii) La resistance wave si manifesta a partire dal 1992, quando vengono pubblicati tre testi considerati fondativi per le ricerche sui fans in generale e sulle fanfiction: Textual Poachers di Henry Jenkins; Enterprising Women di Camille Bacon-Smith e Feminism, Psychoanalysis, and the Study of Popular Culture di Constance Penley. Questi studiosi si oppongono strenuamente a quelli della prima “ondata”, cercando di mettere in luce le qualità e la creatività dei testi dei fans, in grado di resistere, combattere o se non altro avviare un negoziato con la cultura pop.

(iii) Infine, la mainstream wave che inizia nel 2006, anno di pubblicazione di Convergence Culture di Henry Jenkins e di Fan Fiction and Fan Communities Age of the Internet di Karen Hellekson e Kristina Busse, è caratterizzata da studi interessati alle motivazioni individuali dei fan e alle loro risonanze emozionali, ma che si concentrano altresì sulle eterogenee attività delle fandom.

Il fandom si associa a concetti chiave quali prosumer, crossmedialità, transmedia storytelling…

La transmedialità implica un movimento attraverso i media in rapporto diretto con nuovo tipo di soggettività postmoderna che predilige la mobilità piuttosto che la stabilità, e di cui le creazioni grassroot ‒ letteralmente “dal basso”, ossia le attività di utenti o comunità di fruitori per fini artistici, comunicativi, espressivi ‒ sono particolarmente emblematiche.

Dunque il cosiddetto transmedia storytelling costituisce una forma narrativa che perfeziona e integra l’esperienza dell’utente con nuove e distinte informazioni, nel caso delle fanfiction la questione si complica ulteriormente: il mercato dei media sta diventando infatti sempre più transmediato proprio perché i fans possono seguire più percorsi attraverso un universo multimediale. In altri termini: per avere un vero e proprio pro-sumer ‒ ossia il consumer che entra attivamente nel processo del producer reclamando un ruolo di coautore ‒ si deve attendere la nascita della fandom dedicata a Harry Potter, in cui i fan diventano incapaci di distinguere il proprio spazio (reale) di lettori da quello (finzionale) della storia che stanno leggendo.

Ebbene, sarebbe proprio questa fandom a inverare il concetto jenkinsiano di cultura “convergente” e a produrre fenomenologie del tutto nuove di fanatismo.

Perché si è assistito a una femmnilizzazione delle comunità fannish?

Innanzitutto va considerato che nella seconda metà del XX secolo l’evoluzione tecnologica, la propulsione alle comunicazioni e dunque all’empatia dei destinatari per gli emittenti, la rivoluzione sessuale, il movimento di emancipazione femminile hanno creato le condizioni per la nascita di fan donne, tanto che verso la fine degli anni Sessanta la fandom di Star Trek era composta per lo più da autrici femminili.

Una seconda ragione del predominio del gender femminile tra i fanfictioners è costituita dalla secolare marginalizzazione dei temi cari a un pubblico femminile dal materiale-sorgente: Jennifer Barnes ipotizza che le fanfiction costituiscano uno strumento attraverso cui gli utenti di sesso femminile si approprino di media originariamente destinati a un pubblico maschile. L’emergere delle fandom online rappresenta plausibilmente un territorio di valorizzazione della creatività per molte aspiranti scrittrici femminili, in passato ostacolate nel mondo della narrativa mainstream o in quella d’autore, e adesso favorite altresì dalla garanzia dell’anonimato.

Non solo, alle spiegazioni sociologiche sembrerebbe affiancarsi una terza, di tipo bio-culturalista, in base a cui il motivo della prevalenza femminile nelle fandom sarebbe custodito nei differenti stili di worldmaking attribuibili alle donne e agli uomini. Sebbene non esista un unico fattore responsabile della disparità di genere nello scrivere storie partendo da universi narrativi preesistenti, stando a queste ultime indagini si potrebbe ipotizzare che il pubblico femminile scriva fanfiction proprio per il “bisogno” di ampliare e movimentare il set narrativo di un racconto che poco soddisfa le sue esigenze, muovendo dalla trasformazione identitaria di un personaggio o dalla creazione di relazioni tra personaggi non contemplate dalla cultura mainstream.

Il fenomeno del fandom sembra volto a un superamento del dualismo tra cultura e letteratura occidentale, tesa verso l’individualismo, e quella orientale, più coinvolgente a livello sociale. Inoltre il fandom, in generale, appare orientato a favore di una “orientalizzazione” dei contenuti…

La modalità di produzione e pubblicazione delle fanfiction all’interno del cyberspazio e la natura “convergente” delle comunità fandom entro cui vengono create renderebbero questo fenomeno culturale l’ambiente ideale per la costituzione di una identità ibrida, che collettivizza la creatività e apre nuovi orizzonti a livello di formattazione del racconto.

Di conseguenza, l’antagonismo narrativo dei suddetti macro-contesti culturali non sembra avere riscontro nelle fanfiction, innanzitutto perché come membri di una community, i fanwriters sono squisitamente in sintonia con le norme comportamentali e affettive stabilite dal gruppo. In breve: è quest’ultimo che decide o perlomeno deve dare il proprio consenso sulle linee tendenziali del plot e nel modo in cui i conflitti sono presentati, sviluppati e risolti e, di conseguenza, sul modo in cui vengono esibiti le caratteristiche e i ruoli dei personaggi. In breve: un autore di fanfiction traspone a livello diegetico la sua interdipendenza rispetto agli altri, per cui scrivere un racconto significa riflettere adeguatamente i desideri e le aspettative reali dei lettori.

In secondo luogo, dall’analisi a campione di diverse fanfiction emergere il profilarsi di un nuovo format caratterizzato sia da sequenze narrative che prediligono le relazioni tra gli agenti più che i rapporti tra eventi, con la conseguenza che il più delle volte protagonista risulta l’interiorità dei personaggi. Nondimeno nelle fanfiction sembra del tutto assente l’elemento narrativo per eccellenza occidentale del conflitto, che comporta ostatoli da superare, e un epilogo con un esito definito/definitivo, ma piuttosto la trama è preferibilmente impostata sul mostrare un possibile scenario che viene ‘proposto’ ai lettori, senza però delinearlo.

Assistiamo così all’eclissi dello stile narrativo occidentale “agentivo”, che implica una certa indipendenza personale in base a cui un personaggio sceglie il proprio obiettivo, elabora un piano per raggiungerlo e agisce per cambiare l’ambiente secondo tale piano. Similmente a quello orientale, lo stile delle fanfiction diventa armonioso e adeguato rispetto alle fandom, che rifiuta l’idea che un personaggio possa manipolare l’ambiente senza il suo consenso.

Ci potreste parlare del caso più eclatante di fandom, e cioè di quello legato alla saga di Harry Potter?

La comunità dei fans di Harry Potter è probabilmente la più estesa e devota in assoluto, al punto da potersi definire una megafandom. Essa può essere suddivisa nelle due aree principali dei fans dei libri e dei fans dei film, in entrambi i casi all’origine di centinaia di siti dedicati a tutto ciò che riguarda il mondo di Harry Potter, come MuggleNet.com, VeritaSerum.com, HPANA (l’aggregatore automatico di notizie su Harry Potter) o The Leaky Cauldron, un fansite dedicato a Harry Potter che contiene notizie, gallerie di immagini, video, widget scaricabili, una chat room, forum di discussione e dal 2005 anche un podcast ufficiale chiamato PotterCast. Un recente sviluppo di questa fandom è il Wizard Rock (talvolta abbreviato in wrock), un movimento musicale di cui fanno parte circa 750 gruppi per lo più composti da adolescenti, nato all’inizio del terzo millennio in Massachusetts grazie agli Harry and the Potters, e sviluppatosi in seguito a livello internazionale. Attualmente, in base ad alcune stime, sul web esisterebbero milioni di pagine su Harry Potter create dai fans in diverse lingue, dove circolano centinaia di migliaia di racconti che parlano di Harry Potter e della sua vita all’interno e al di fuori del plot ideato da J.K. Rowling. Ebbene, è questa fandom a inverare il concetto jenkinsiano di cultura “convergente” e a produrre fenomenologie del tutto nuove di fanatismo.

Cosa si potrebbe dire di Cinquanta sfumature di grigio, di E. L. James, che nasce come una fanfiction e che a sua volta genera fanfics?

Cinquanta sfumature di grigio di E. L. James rappresenterebbe un caso particolarmente emblematico di blended tra il mondo dell’editoria futura (autorialità perfusa, fruizione open source, serializzazione in direzione di forme immersive e Realtà Aumentata) e quello dell’editoria tradizionale. Basti pensare che questo romanzo tra il giugno 2012 e il giugno 2013 vende più di 70 milioni di copie, posizionandosi al primo posto (95 milioni di dollari) tra gli scrittori che hanno guadagnato di più nel 2012-2013. Non solo: se nel Regno Unito il libro è diventato “il più venduto di tutti i tempi”, la trilogia ha fatto volare i profitti della compagnia tedesca Bertelsmann, perché la sua divisione libraria (la Random House) ha segnato un risultato record nel 2012 grazie ai 70 milioni di copie vendute, fra quelle cartacee, audio e e-book, che hanno reso la trilogia Cinquanta sfumature il maggior successo di sempre del gruppo.

Eppure il romanzo nasce nel 2010 come spin off di Twilight e la James lo intitola Master of the Universe: questa fanfictioner destinata a diventare la scrittrice più letta del 2012 riprende infatti i personaggi principali della serie di Twilight, Bella Swan e Edward Cullen, e utilizza luoghi e relazioni del romanzo di Stephenie Meyer costruendovi intorno una storia nuova, modificando alcuni dettagli, omettendo vampiri e licantropi e aggiungendo una varietà di scene di natura esplicitamente sessuale. A parte le analogie con Twilight, di cui Master of the Universe è una fanfiction, va detto che Cinquanta sfumature di grigio è quasi identico alla fanfiction che l’ha preceduto, apparsa su www.fanfiction.net nel dicembre 2010.

Non per caso infatti, la James ha rimosso tutte le idee o i possibili rimandi a Twilight dal suo best seller mondiale Cinquanta sfumature di grigio, né deve stupire che la fanfiction Master of the Universe sia stata cancellata da Fanfiction.net una volta apparso il romanzo cartaceo. Ma è da notare il sottile paradosso: per diventare un’opera legittima e legale, un blockbuster a tutti gli effetti, il romanzo Cinquanta sfumature di grigio si è dovuto trasformare in un’opera originale che a sua volta ha generato altre fanfiction (nel solo dicembre 2017 su Efpfanfic.net le storie ispirate alla trilogia della James sono 312, su Archive of Our Own 224 e su Fanfiction.net occupano 3.5K del sito).

Studiando le ricadute del successo di Cinquanta sfumature di grigio tra i fan fictioners, alcuni ricercatori ipotizzano che le nuove fasce di pubblico e gli editori non guardino più alle fanfiction semplicemente come a manipolazioni vicarie o degradate del testo originale, bensì come a opere autonome: i neolettori sarebbero oggi maggiormente disposti ad accettare nuovi personaggi e situazioni “trasformate”, determinando uno spostamento della collocazione delle fanfiction nella filiera creativa.

Un modello, come appunto intitolate un vostro paragrafo, di crossover: SuperWhoLock…

SuperWhoLock è un crossover creato dai fan di tre serie televisive, ossia Supernatural, Doctor Who e Sherlock, emblematico delle capacità creative e del lavoro digitale attualmente svolto dei fan. Tradizionalmente, in narratologia il crossover si configura come un processo di ‘attraversamento’, un collegamento che nel marketing editoriale si declina in senso intersemiotico, transterritoriale e insieme multigenerazionale; ma come appare evidente, l’ambiente digitale facilita una maggiore varietà di attività dei fan e promuove uno spazio per la realizzazione di testi crossover come SuperWhoLock, in cui la fandom stessa diventa un luogo intra-transmediale (intra-transmedia), nel senso che le caratteristiche transmediali non sono riferite a ogni singolo testo, ma vengono combinate dai fan per creare un’opera “nuova”.

In realtà, SuperWhoLock non è un opera transmediata ma ha caratteristiche intra-transmediali in quanto: (a) i tre testi separati che la costituiscono sono combinati in un unico canale mediatico; (b) non c’è una e una sola sorgente autorevole con cui i fans possano confrontare la loro creazione; (c) non esiste alcun canone cui i fans possano portare rispetto per operare i collegamenti transmediali; (d) ogni singolo testo può apparire transmediato attraverso la potenza combinatoria delle opere crossover all’interno di esso.

Dunque, SuperWhoLock ci mostra non solo l’interazione tra fandom differenti, il potenziale innovativo della tecnologia digitale e la creatività dei fan, ma altresì i molteplici stili cognitivi attraverso cui i fanwriters si immergono o al contrario si distanziano dal testo, poiché essendo un fenomeno intra-transmediale, SuperWhoLock diviene altresì un luogo di fan-branding. In un certo senso questo crossover mostra come i fan stiano brandizzando la propria esperienza personale di membri di una fandom in modo da trasformare quest’ultima in “oggetto” o “artefatto” di un’unica esperienza fannish. In breve, la fandom diviene un luogo di auto-ritualizzazione dei fan stessi.

 

MARIA GRAZIA FALÀ

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