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Gianpietro Mazzoleni: “Anche Obama è ricorso alla politica pop”

 

“Anche Obama è ricorso alla politica pop”

Dal 2009 poco è cambiato nel modo leggero di comunicare la politica. Unica eccezione: le recenti elezioni francesi.

Media che conducono il gioco, che oggi, più che mai, segue la logica dell’intrattenimento. Conoscenza dei maggiori leader politici sempre attraverso una politica pop, accattivante, da parte del comune cittadino, che magari non segue i telegiornali, ma segue gli show. Lo ha capito bene Obama, quando a Buzzfeed, sito web d’informazione, si atteggiò da attore comico, al tempo stesso spiegando la sua riforma sanitaria. Poi, una politica sul web che mira ad una “audience” di simpatizzanti, mentre quella tradizionale arriva ad un pubblico più ampio, magari di non sostenitori. Infine, alle ultime presidenziali francesi, una campagna “seria”, tesa per l’esito, senza che quasi mai ci fosse politica pop. Forse, l’unico aspetto “leggero” nella fase finale della campagna ha riguardato Brigitte, la moglie di Macron. Queste, in breve, le tesi di Gianpietro Mazzoleni, docente di Sociologia della Comunicazione e di Comunicazione Politica alla Statale di Milano.

Il suo libro Politica pop, scritto nel 2009 insieme a Anna Sfardini (casa editrice, Il Mulino), parla di un nuovo modo di presentare la politica avvenuto già dagli ultimi decenni del secolo passato. Cos’è cambiato dal 2009 ad oggi?

Sono cambiati gli “attori” ma non le dinamiche che spiegano come e perché la politica ha spesso bisogno di indossare gli abiti pop per poter essere compresa e attirare almeno l’attenzione dei cittadini.  A molti leader (non a tutti) viene piuttosto facile comunicare in modo popolare (alcuni anche in modo popolaresco), ad altri meno.  Ma sono i media che conducono il gioco.  Che ha successo se i leader si adattano alla logica dei media, che oggi più di ieri è una logica di spettacolo e intrattenimento.

Sempre nel 2009 lei diceva che il modo “leggero”, anche da gossip, di far parlare la politica di se stessa, non è sinonimo di una coscienza civica indebolita ma, casomai, fonte di una nuova risorsa civica. In che modo valuta tutto questo?

Premesso e ammesso che molta politica pop a cui assistiamo è spregevole, lo sforzo di molti attori politici di comunicare anche argomenti difficili con modalità che incuriosiscono e, perché no?, divertono quelli che vedono, ascoltano o leggono, è una cosa positiva perché si può arrivare a fasce di elettorato che altrimenti sarebbero tagliate fuori dall’informazione politica (perché non seguono i telegiornali, ma magari gli show sì).  Un buon esempio quando Obama presidente affidò a Buzzfeed una gag in cui si prendeva in giro atteggiandosi da attore comico, ma al tempo stesso spiegava perché la riforma dell’assistenza sanitaria era importante per il Paese. Quindi chi sa usare con intelligenza le risorse mediatiche dell’intrattenimento per “parlare di cose serie senza annoiare la gente”, ha senz’altro “punti in più” nella sua capacità di coinvolgere i cittadini.

Come vede la commistione tra politica sul web, diventata la modalità privilegiata di Beppe Grillo, e politica sui media tradizionali (stampa, radio, televisione)?

Era prevedibile che web e media tradizionali si trovassero, volenti o nolenti, alleati nella comunicazione politica.  Oggi è impensabile comunicare solo via mass media.  Ma è anche impensabile (a almeno è un errore grave) comunicare solo via web. Le due “audience” non si sovrappongono perfettamente, quindi i politici di oggi, aiutati da consulenti e esperti (molti di questi giovani nerd) fanno un media planning mirato: mass media (interviste, dibattiti TV, comparsate varie) per arrivare al pubblico più ampio, magari di non sostenitori, e web per mobilitare i propri simpatizzanti.  L’uso che ne fa Grillo è del tutto singolare (è a senso unico, il che è una contraddizione in termini per un mezzo interattivo) e meriterebbe un discorso a parte.

In che modo è stata fatta la campagna per le presidenziali francesi, e quali programmi TV e media privilegiati ha usato? È stata utilizzata la strategia della politica pop?

I francesi sono maestri della satira politica (Charlie Hebdo e Le Canard Enchainé, e Les Guignols de l’Info su Canal+ ne sono buoni esempi).  Ma in questa campagna c’è stato poco su cui ridere o essere divertenti.  Il rischio che Marine Le Pen potesse diventare presidente ha mobilitato tutti i media a coprire i fatti politici e la campagna elettorale in modo piuttosto “serio”.  Si pensi al processo mediatico a Fillon, che gli è costata, dicono gli esperti, la presidenza.  Ciò non toglie che la copertura informativa abbia avuto dimensioni “pop”, come del resto è inevitabile quando si tratta (specialmente nel ballottaggio) di una horse race, con tanto di tifo da entrambe le parti (si pensi al dibattito televisivo). Forse l’unico argomento pop della fase finale della campagna è stata Brigitte, la moglie di Macron. Questo penso sarà un tema con cui i mass media “andranno a nozze” durante la presidenza.

MARIA GRAZIA FALÀ

 

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