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Federico di Chio: “Italia, non TV post network, ma transizione multicanale”

“Italia, non TV post network ma transizione multicanale”

Federico di Chio spiega la situazione nostrana partendo da un libro di Amanda D. Lotz

Federico di Chio

Si può parlare di un’era post network in Italia, dove predomina la visione non lineare, “ovvero quella che non si verifica in un momento predeterminato dall’esterno e che può avvenire su dvr, on demand, su dvd o in streaming” (Lotz)? Secondo Federico di Chio, docente di Strategie delle imprese audiovisive alla Cattolica di Milano, nonché Direttore del Marketing Strategico del Gruppo Mediaset, no. Siamo piuttosto nell’epoca della transizione multicanale, quando si ha un’offerta multichannel, con due soli operatori pay, Sky e Mediaset Premium, con una penetrazione del 10% dell’utenza, e solo Netflix come operatore over – the – top a livello di nicchia ancora maggiore. Inoltre, la manipolazione della visione lineare è limitata ai possessori del decoder MySky.

Ma cosa si profila lo scenario italiano? Sovrapproduzione di fiction in America, con circa 400 titoli, situazione sostanzialmente stabile da noi, pubblicità, in Italia, che “riempie” anche i canali pay in quanto non basta il costo dell’abbonamento: per il resto, gli investitori privilegiano sempre i canali free ma con un occhio anche ai target più mirati dell’offerta pay.

Questi, in sintesi, gli scenari tratteggiati da Federico di Chio, che ha curato la postfazione alla traduzione italiana del libro di Amanda D. Lotz Post Network. La rivoluzione della TV, edito di recente da minimum fax.

In Italia stiamo assistendo a un’epoca post network (anni Duemila) o siamo ancora a una transizione multicanale (anni ’80 – 2000)?

Queste date fanno riferimento al libro della Lotz, per noi la transizione multicanale si è aperta realmente dallo switch – off dell’analogico, cioè dal 2010 – 2011 ad oggi. Pertanto, da questo punto di vista, siamo con molti anni di ritardo rispetto allo scenario americano, siamo ancora nel periodo della transizione multicanale, quindi ancora in una fase di espansione dell’offerta multichannel, come è successo negli Usa quando sono state erose le posizioni di forza storiche dei grandi network. Quella che Amanda Lotz definisce come era post network è un mondo in cui è cambiato il concetto stesso di palinsesto, è messo in crisi, per cui l’offerta non lineare comincia ad avere una penetrazione importante nelle modalità di consumo: noi siamo molto lontani da tutto questo. Tra l’altro, negli Stai Uniti la pay tv si trova nell’82% delle famiglie e la penetrazione dell’offerta over – the – top (Netflix, Amazon Prime Video, Hulu, ecc.) che è a pagamento, ancorché a pagamento leggero, sta avendo un effetto importante.

Cosa vuol dire a pagamento leggero?

Vuol dire che si pagano pochi dollari al mese, che non ci sono contratti vincolanti, quando per abbonarsi a una pay tv in Usa pagano anche 60, 80, molte famiglie anche più di 100 dollari al mese, contro il nostro corrispettivo dei 50 euro di Sky. Quindi, nel momento in cui arriva Netflix e dice “ti do le serie a nove dollari al mese,” siccome si sta rivolgendo nell’82% di casi a famiglie che di dollari ne pagano 80 o 100, è chiaro che ha un impatto devastante. Netflix come Amazon e altri propongono un’offerta à la carte con importi decisamente inferiori, soprattutto un’offerta non infrastrutturata, per cui uno non si deve abbonare a un operatore cavo, a un operatore telefonico, basta che abbia il decoder a casa e può avere accesso al servizio. Questo nuovo paradigma sta intervenendo su un sistema a offerta completamente diverso dal nostro e sta avendo un effetto piuttosto dirompente. In Italia il sistema di offerta è, da un punto di vista tecnico, decisamente diverso, non abbiamo una forte penetrazione del cavo e quindi neanche della banda larga, abbiamo la gran parte dell’offerta che è free e non pay, quindi l’impatto di queste nuove forme di offerta si fa sentire in primo luogo sul mercato pay, e perciò nell’economia complessiva nel sistema italiano l’effetto è molto limitato. Peraltro negli Usa il paradigma post network è interpretato anche dagli stessi operatori via cavo, che per reagire agli over – the – top offrono anch’essi forme di proposizione dei contenuti più lineare, leggera. Da noi questo riguarda solo le offerte di Sky, che ha OTD, e Mediaset Premium, che ha Premium Online, ma ciò concerne solo le poche famiglie che hanno la pay.

Che penetrazione hanno i due operatori pay Sky e Mediaset Premium?

Mediaset Premium poco meno di due milioni di famiglie, Sky quattro milioni, quattro milioni e mezzo, quindi più o meno sei milioni di famiglie in totale: siamo molto lontani dall’era post network.

Quanto è cambiato attualmente il modello pubblicitario sulle reti generaliste e in quelle pay come Sky?

Sulle reti generaliste il modello non è molto cambiato: tuttavia, l’arrivo dell’offerta multicanale sta avendo degli effetti. Questi nuovi canali infatti hanno dei target più specifici, e quindi gli investitori pubblicitari integrano la pianificazione sui canali generalisti, che rimane irrinunciabile per gli ascolti che fa, con i canali tematici, che hanno dei prezzi più bassi e target più mirati. Questo è un fenomeno nuovo rispetto alla vecchia TV italiana, per il resto non è cambiato tantissimo il modo di vendere e di proporre la pubblicità nel mondo free. Invece in quello pay da tanti anni oramai questi network integrano i loro ricavi con la pubblicità perché non bastano gli abbonamenti. Alcuni canali hanno caricamenti pubblicitari notevoli, come quelli Fox, però questo fa parte del mestiere della pay. Pagando dovrei avere un contenuto più leggero, ma con la stagnazione degli abbonati e la grande crescita del costo dei contenuti è comprensibile che gli operatori pay abbiano usato la leva della pubblicità, anche perché l’alternativa sarebbe stata aumentare il costo dell’abbonamento.

Ma la pubblicità viene inserita anche sull’on demand…

Anche lì c’è un po’ di tributo da pagare alla pubblicità. Questo però, sarà che io lavoro in Mediaset, e pertanto non trovo che ci sia molto di scandaloso, fa parte delle regole del gioco.

Quale influenza ha avuto l’era post network sulla produzione di fiction negli USA?

L’era post network sta causando un’inflazione di produzione di fiction, e questo ha abbassato il livello qualitativo. Infatti, se fino a qualche anno fa si producevano circa 200 serie all’anno e ora se ne producono 400, non è che le 200 che sono arrivate erano idee geniali che erano nei cassetti e che non si riusciva a produrre. Questo notano gli osservatori, e nello stesso tempo prevedono un riflusso, perché non c’è abbastanza creatività per alimentare tutta questa produzione.

Qual è la situazione italiana?

In Italia questo mondo è arrivato abbastanza poco, certo Netflix ha prodotto Suburra e prima Marco Polo, però i nuovi over – the – top non sono dei committenti particolarmente presenti, quindi la gran parte della produzione nazionale di fiction di nuovo è, nell’ordine, sulle spalle di Rai, Mediaset e Sky. Essa anche da noi rimane un ingrediente formidabile per i palinsesti di tutti, caratterizza fortemente le reti che la ospitano, è un prodotto identitario, racconta un paese, la società, quando è fatta bene produce anche ascolti straordinari, quindi i volumi produttivi sono abbastanza stabili.

Quante serate producono i tre network?

Mediaset circa sessanta – settanta serate l’anno, Rai circa il doppio, Sky molto meno (ogni serata è costituita da puntate di circa cento minuti). Siamo lontani dai volumi produttivi americani, ma negli Usa la TV è costituita in gran parte da un’ossatura di serie, rispetto a noi ha molto meno cinema, meno intrattenimento. Poiché le serie televisive sono un prodotto costoso, in Italia ce ne sono in misura minore, anche se scommetterei su un aumento del loro volume produttivo.

Per quanto riguarda Sky, non so dire esattamente quante ore produca, circa quindici – venti serate l’anno, però sono tutti prodotti scelti, ben promossi, fortemente identitari, come Gomorra, 1992, In Treatment, e pure loro, secondo me, aumenteranno, anche per distinguersi dai Netflix della situazione.

In quanto Direttore del Marketing Strategico del Gruppo Mediaset cosa ci potrebbe dire della fiction Mediaset?

È fatta per Canale 5 con la missione di fare ascolti da rete generalista. Sarebbe più facile per noi ideare una fiction più sperimentale, per un pubblico più ristretto come quello di Sky. Sky e Netflix infatti devono produrre fiction che soddisfi il parco abbonati a prescindere dagli ascolti, noi, così come la Rai, abbiamo una missione diversa e quindi un approccio diverso.

MARIA GRAZIA FALÀ

 

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