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“Cinema, non storia ma storie”

Christian Uva

“Cinema, non storia ma storie”

A cura di Christian Uva e Vito Zagarrio un manuale sulla storia della settima arte

Christian Uva
Christian Uva

Le storie del cinema, non una storia del cinema, perché lo studio di quest’arte non deve seguire una progressione schematica e deterministica. E novità, rispetto ai manuali precedenti, di un apporto di storici puri per inquadrare ogni epoca. Poi, un’attenzione alle cinematografie altre, cioè non solo europee dell’Ovest e di Hollywood. Strutturazione, per narrare ogni epoca, in tre parti: Contesti (la parte storica), capitolo propriamente detto, e Controstorie, contrappunto su alcuni problemi da approfondire o su alcuni miti da sfatare. Infine, una struttura circolare, che parte dall’oggi inquadrato storicamente e vi ritorna alla fine del libro per studiarne le sue peculiarità teoriche. Queste, in sintesi, le principali caratteristiche del corposo Le storie del cinema. Dalle origini al digitale, edito nel 2020 per Carocci a cura di Christian Uva, docente di Cinema italiano all’Università Roma Tre, e di Vito Zagarrio, docente di Istituzioni di Regia sempre a Roma Tre.

Perché avete intitolato il vostro manuale Le storie del cinema e non Storia del cinema?

Uva. Le Storie invece della Storia è proprio l’idea alla base di questo manuale, che è appunto quella di dare conto di una pluralità di prospettive le quali, intrecciate in una trama fitta di fili, costituiscono un tessuto omogeneo. In tale “tessuto” ci sono i tanti momenti che hanno scandito la storia del cinema, ma anche molte delle più interessanti angolazioni dalle quali essi possono essere interpretati.

Nel testo abbiamo inoltre voluto ospitare una serie di contributi provenienti non da studiosi di cinema, ma da storici puri. Il manuale contempla infatti undici Contesti, ossia appunto undici interventi di storici contemporaneisti che ritraggono il periodo all’interno del quale si collocano i fenomeni cinematografici affrontati di volta in volta nei vari capitoli. Si tratta di un’assoluta novità per un manuale di storia del cinema.

Altre storie che vengono raccontate nel volume sono le Controstorie, ossia sintetici testi scritti in “punta di penna” da studiosi di primissimo piano che leggono i fenomeni affrontati nei capitoli da una prospettiva eccentrica e ponendoli in una luce problematica.

Non avete avuto paura che ci fosse un’eccessiva frammentazione?

Vito Zagarrio
Vito Zagarrio

Uva. Sì, il rischio della polverizzazione era dietro l’angolo ma abbiamo sempre vigilato con estrema attenzione affinché la polifonia messa in campo nel manuale fosse indirizzata alla massima armonia possibile. Questo ha significato ovviamente congegnare sin dall’inizio con estrema cura l’indice del volume e l’assortimento degli autori che avrebbero lavorato ai testi. A ciò ha corrisposto, “a valle”, lo scrupoloso lavoro di editing che, in un continuo scambio con gli autori, ci ha permesso di uniformare il tutto, pur nel rispetto delle singole competenze e prospettive d’approccio.

Vorrei porre una domanda a Vito Zagarrio. Ha qualcosa da dire sulle introduzioni storiche e le cinematografie altre?

Zagarrio. Volevo aggiungere a quello che ha detto Uva che questo volume riempie un vuoto. C’era un vuoto perché la storia del cinema è stata insegnata da storici che avevano il desiderio e la voglia di sintetizzare con un’unica linea tutta la storia del cinema (penso a Rondolino, al manuale di Bordwell e Thompson). Si procedeva cioè secondo una storia deterministica, che ha il suo percorso ineluttabile.

Invece, noi proponiamo delle storie in cui ci sono molti possibili percorsi e sviluppi, e per questo le abbiamo chiamate storie, in quanto appunto la storia del cinema si può raccontare da molti punti di vista.

Tutti quelli individuati sono storici che hanno lavorato sul rapporto tra cinema e storia. Cionondimeno, ci sembrava importante che degli storici di mestiere fornissero il quadro d’insieme delle dinamiche politiche e sociali., e infatti questi capitoli storici sono chiamati Contesti, all’interno dei quali articolare il nostro processo di cinema.

In quest’ottica, è significativo anche raccontare tante storie. Noi di solito raccontiamo la storia dell’Europa e quella di Hollywood, la vicenda di Méliès e dei fratelli Lumière, e ci sono infinite varianti tra queste contrapposizioni che di solito si sono fatte perché bisogna semplificare.

A maggior ragione, e adesso rispondo alla seconda domanda, il cinema altro è la comprensione, la coscienza che ci sono tante altre cinematografie, che purtroppo per problemi di spazio non abbiamo potuto trattare come avremmo voluto. Penso al cinema africano, al cinema asiatico, ecc. Parlando di cinema asiatico poi, si fa già una generalizzazione, perché c’è il cinema cinese, giapponese, di Hong Kong, di Taiwan, ognuno con una sua identità. Ecco, tutte queste cinematografie minori, pensiamo al cinema latinoamericano, che pure è importantissimo, argentino, brasiliano, meritano di stare in una storia del cinema generale.

Quindi noi le abbiamo segnalate sia nei capitoli principali, sia nei tanti interventi delle Controstorie. In due Controstorie si parla dell’Europa dell’Est, poi c’è un pezzo che parla del cinema orientale e latinoamericano, visto soprattutto attraverso la presenza nei festival ma, ripeto, avremmo potuto anche raccontare un’altra storia.

Cosa succede oggi? Dall’oggi gli studenti, che sono i principali destinatari del nostro manuale, devono capire qual è il cinema che sta loro di fronte, che non è più quello tradizionale della sala cinematografica, peraltro chiusa in questi giorni, ma è quello che viene fruito sui computer, sui cellulari.

Tutto ciò è assurdo per la mia generazione. Però, partendo da questa realtà, siamo tornati a rintracciare le cause, le origini, molto lontane, del cinema, parola molto desueta che possiamo chiamare in maniera diversa, cioè immagini in movimento che un uomo vede, vuoi nelle caverne preistoriche, vuoi nelle sale di oggi.

Per fare un esempio, interessante a questo proposito mi sembra l’apertura verso le cinematografie dell’Est prima della cortina di ferro…

Zagarrio. Tutto è nato da alcuni giovani colleghi che ci hanno sollecitato e che ci hanno detto “Se fate una storia del cinema, non dovete parlare solo dell’America e dell’Europa.” Quindi, sfruttando anche le nostre relazioni internazionali, perché Forgacs è un collega della New York University che viene spesso ai nostri convegni, mentre la Iordanova, autrice di Controstorie. Gli anni Sessanta degli altri, l’ho incontrata a un convegno dove mi ha invitato in Gran Bretagna, mentre altri sono esperti di cinema giapponese, o dell’Est, abbiamo cercato di allargare la nostra ottica a tutte queste nuove tendenze.

Ma le dirò di più: uno dei saggi che voglio richiamare è quello di Pietro Montani (Controstorie. Il montaggio è morto. Viva il montaggio), dove c’è addirittura la possibilità di ripercorrere la storia come avrebbe potuto essere, cioè con il metodo del What if? Cioè, che cosa sarebbe successo se non avesse vinto il montaggio hollywoodiano, come poi è stato, perché gli Stati Uniti erano potenti, perché c’era un problema di capitalismo, ecc., che ha diffuso quel tipo di codice in tutto il mondo? Cosa sarebbe accaduto, se avesse vinto il cinema russo, o sovietico? Ecco, tutte queste sono domande che ognuno si dovrebbe porre. Lo storico infatti è un po’ come un detective, che deve seguire delle tracce e fare delle ipotesi, dopodiché la storia è quella di chi ha vinto, ma non è detto che si debba allora fare per forza la storia del cinema hollywoodiano mainstream. Ci sono molte altre storie che sono degnamente storie del cinema, dal cinema italiano fuori norma, cioè quello che non esce nei cinema, me è indipendente, low budget, fatto col video, al cinema indipendente americano, dalle commedie sexy degli anni Settanta, che sono comunque da storicizzare, al cinema cosiddetto di serie B degli anni Trenta o degli anni Cinquanta, che è un cinema di cui parlare.

Io trovo, per concludere, che tutta questa frammentazione abbia portato a un libro molto compatto, che spinge i ragazzi che lo leggono a porsi dei problemi, a fare ulteriori ricerche, a documentarsi su Internet, ecc. Leggere una storia del cinema è un po’ come fare un viaggio, e noi ne proponiamo molti, e alquanto interessanti.

Perché avete deciso di aprire e chiudere con la contemporaneità? Con il post-2001 avete infatti aperto e chiuso il vostro manuale, trattando l’argomento da un punto di vista storico all’inizio, e poi, da un punto di vista teorico alla fine…

Zagarrio. Siamo partiti dalla necessità di lavorare sull’oggi, di parlare soprattutto a un pubblico, quello giovanile della laurea triennale del DAMS, sullo stato delle cose di fronte a cui si trovano, e poi tornare con un lungo flashback alla storia del passato.

Addirittura partiamo dai primitivi del Paleolitico e poi passiamo al Rinascimento, alla fotografia, al cinema muto, a quello degli anni Trenta, ecc., chiudendo infine il cerchio con un processo molto cinematografico. Infatti, qualche critico ci ha detto “Voi avete fatto un flashback”, ed è vero, il nostro è un libro con dei flashback, con delle dissolvenze incrociate, con degli zoom.

Insomma, c’è molto l’idea di un testo fatto da due cinematografici, cioè da due che sono molto interessati al linguaggio del film e che lo ripropongono nel loro modo di fare storia. Christian Uva è un esperto dei rapporti tra cinema e storia e dirige, insieme a Paolo Mattera, una rivista che si chiama Cinema e storia, io sono uno storico laureato in Storia, e ho lavorato per una rivista di storia e ho studiato, forse tra i primi in Italia, nell’’81-’82, il rapporto tra cinema e storia. Quindi noi siamo molto interessati alla storia, che deve essere declinata in modo diverso, non usando vecchie categorie ideologiche o deterministiche, ma applicando metodi diversi come il gender, il genere, la psicanalisi, la semiotica, la teoria delle emozioni, ecc.

Come avete coniugato, nel fare questo, un Ruggero Eugeni, che è un teorico del cinema, con un Forgacs, che ha un approccio più culturalista?

Uva. È proprio questa la polifonia su cui, come dicevo all’inizio, abbiamo scommesso. In base al tipo di temi e periodi trattati, ciascun capitolo si è avvalso delle competenze che meglio potevano essere messe a frutto di volta in volta. Questo ha fatto sì che nel manuale compaiano studiosi con differenti matrici metodologiche e provenienti da diverse aree geoculturali e generazionali.

Ancora una volta, crediamo che tutto ciò costituisca uno dei valori aggiunti di quest’impresa editoriale.

Se vuole concludere dicendo qualcosa, Christian…

Uva. Aggiungo solo, riprendendo un tema toccato in precedenza, che per noi era fondamentale partire dall’attualità per dare vita al lungo viaggio nelle storie del cinema al centro del volume. Rivolgendoci in primis ai giovani, abbiamo sentito l’urgenza di fotografare anzitutto il presente, proponendo qualche linea di lettura capace di orientare il nostro pubblico nel mare magnum di immagini e suoni che oggi lo pervade. Siamo convinti infatti che, solo facendo preliminarmente i conti con questo “disordine” contemporaneo (straordinariamente stimolante e creativo tuttavia) sia possibile tornare indietro per capire cosa è successo prima e come si sia giunti oggi allo scenario audiovisivo in cui siamo immersi.

Vito, voleva dire un’ultima cosa?

Zagarrio. Il nostro testo sta avendo successo, tanto che, a qualche mese di uscita, ha avuto già due ristampe. A proposito di qualche feedback che ne ho avuto, alcuni ragazzi mi hanno detto una cosa che mi ha fatto riflettere: “Questo libro mi ha fatto pensare in un altro modo.” Ciò mi rende molto orgoglioso, in quanto il manuale ha aperto dei percorsi alla Borges. Il libro è un punto di partenza, non di arrivo: poi sta allo studente e all’istruttore che lo guida proporre tematiche e riflessioni.

MARIA GRAZIA FALÀ