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Giorno: 20 Gennaio 2020

Simone Del Latte: “Gomorra, editing editoriale normotipo”

“Gomorra, editing editoriale normotipo”

Pubblicato per UNICOPLI un testo sulla gestazione in Mondadori del capolavoro di Saviano

Simone Del Latte
Simone Del Latte

Un lavoro in fieri, quello di Simone Del Latte, un approfondimento del terzo capitolo della sua tesi di laurea magistrale in Giornalismo all’Università di Parma. E, tratto portante della sua intuizione, l’indagare sulla genesi editoriale di Gomorra, libro scandagliato dai critici in molti altri aspetti, soprattutto sui rapporti tra il testo e il film, il testo e la serie. Nell’analisi del successo di Gomorra, un confronto tra questa e altri lavori coevi di argomento analogo ma ancora di stampo “tradizionale”, come Sandokan di Nanni Balestrini. Poi, un occhio privilegiato, quello di Del Latte, verso Edoardo Brugnatelli e Helena Janeczek, che hanno “guidato” Saviano dagli articoli di cronaca al suo “quasi romanzo”. Una collana editoriale, la mondadoriana Strade blu, con Brugnatelli, e una rivista letteraria online, Nazione Indiana, con la Janeczek, che tanto hanno contribuito alla nascita del “fenomeno” Saviano. Una lavoro da filologo, alla ricerca di ulteriori fonti in Mondadori, potrebbe essere l’ulteriore passo che potrebbe compiere IL giovane Simone Del Latte, autore di Dalle voci di Scampia al racconto di Saviano, edito nel 2019 per UNICOPLI.

Come nasce l’idea di scrivere un saggio sulla genesi di Gomorra? A quali fonti ha attinto?

Il saggio sulla genesi di Gomorra è frutto di un approfondimento della mia tesi di laurea magistrale, la quale era strutturata in tre capitoli, di cui l’ultimo incentrato proprio sul libro di Saviano. Nell’estate del 2018, mentre ero impegnato nella scrittura del terzo capitolo, mi accorsi che, tra i tanti aspetti letterari di Gomorra messi in luce dai critici, poco era stato detto di come l’opera sia nata. Decisi allora di approfondire di persona questo aspetto e riuscì ad incontrare a Milano Edoardo Brugnatelli, l’editore che decise di credere in Roberto Saviano, in quanto pensavo che nessuno meglio di lui potesse aiutarmi a comprendere la genesi editoriale di Gomorra. Dopo la laurea, per tutta la prima metà del 2019, ho quindi ripreso il terzo capitolo della mia tesi, cercando di scavare ulteriormente, attingendo a più fonti, tra cui anche quella di Helena Janeczek, l’editrice che si è occupata dell’editing letterario del testo di Saviano a pochi mesi dalla sua pubblicazione. Oltre alle testimonianze dirette di Brugnatelli e Janeczek, ai passaggi del libro e agli scritti giovanili di Saviano presenti tutt’ora nel web, le fonti cui ho attinto provengono per lo più da saggi critici scritti da studiosi e ricercatori di Università italiane ma anche straniere.

Nanni Balestrini nel 2004 scrive Sandokan, romanzo ispirato alla figura del camorrista Francesco Schiavone. La fama di quest’opera appare oscurata dal quasi contemporaneo Gomorra, che è del 2006. Quali sono i motivi?

Sono due opere profondamente diverse che condividono la materia del racconto. Sandokan è ancora un’opera novecentesca scritta da una figura di autore vecchio stampo che ha mantenuto un distacco dalle vicende descritte. Gomorra viceversa è un’opera innovativa che accende l’attenzione dei critici sulla nuova produzione narrativa italiana del terzo millennio. A livello stilistico è molto più “al passo coi tempi”, i criminali descritti non appaiono più come figure arcaiche ma possiedono una mentalità aderente alla logica globalizzata del XXI secolo, mentre lo stesso Saviano è molto più vicino, anche materialmente, ai fatti descritti rispetto a Balestrini. E questo ha fatto sì che il giornalista napoletano abbia potuto riversare nella sua creazione più conoscenza della materia ma anche più trasporto emotivo.

In quale misura la scrittura di Saviano sembra rifarsi al New Journalism di Tom Wolfe e Truman Capote?

Nel modo deontologicamente poco ortodosso in cui un giornalista scrive di cronaca. Saviano in Gomorra non è obiettivo, nel senso che non è aderente ai fatti. Al tempo stesso però non possiamo accusarlo di essere stato un affabulatore. Molti tendono a dimenticarsi che Gomorra è un’opera letteraria non un prodotto giornalistico per cui ha delle norme e delle licenze tutte sue, evidentemente diverse da quelle seguite di chi si occupa di cronaca. Proprio come Tom Wolfe e Truman Capote, Saviano rinuncia alla totale imparzialità per perseguire quel fine ultimo che la sua attività passata di reporter non era stata in grado di perseguire, ossia scuotere le coscienze su un problema drammatico e portare il suo racconto presso una platea di pubblico ben più ampia di quella che leggeva i quotidiani locali.

In che modo Saviano è passato dalla magmatica produzione giornalistica degli esordi e una messa in forma nel romanzo?

In questo passaggio si vede il grosso del lavoro fatto in casa editrice. Saviano ha infatti una sua idea di libro che è ben lontana dall’esito assunto poi da Gomorra. Lo stile, ossia l’idea di ibridare fiction e non-fiction attraverso una voce narrante unitaria, è stato perseguito fino in fondo, ed anzi è forse l’aspetto più riconducibile allo scrittore piuttosto che agli editori di Mondadori. La materia del narrato è però figlia di una proposta di Brugnatelli su tutti. Quando Saviano si presenta per la prima volta a Segrate è un fiume in piena che per tutto il giorno non cessa di rendere partecipe Brugnatelli dei fatti della sua terra. Difficile non capirne il perché: siamo nel dicembre del 2004 e il giornalista napoletano aveva alle spalle anni e anni di lavori di inchiesta sulle vicende criminali campane. Essendo i libri dei prodotti anche commerciali, tutta questa mole di vicende andava canalizzata verso una struttura gradevole agli occhi del lettore. Compito questo che solo un editore è in grado di fare; ed è per questo che, una volta che si decise di concedere una chance ad un autore emergente e sconosciuto come Roberto Saviano, fu anche pattuita una forma del libro chiara e coerente.

Qual è la novità principale della collana Strade Blu della Mondadori, e come si incontra con la redazione di Gomorra?

Strade blu nasce molto prima della pubblicazione di Gomorra. Siamo nel 1998, in un periodo di profonde trasformazioni dell’industria editoriale e dell’offerta libraria. Mentre da un lato si accentua sempre più la tendenza verso la coalizzazione dei grandi gruppi, il pubblico medio era sempre più alla ricerca di una produzione narrativa innovativa e svecchiata rispetto ai codici novecenteschi. La collana Stile libero di Einaudi nasce proprio per questo motivo nel 1996 e, su sua imitazione, seguirà l’inaugurazione di Strade blu in Mondadori. E’ stata una raccolta che ha dato spazio a tutta una serie opere non convenzionali, prevalentemente straniere, di esordienti o sconosciuti, segnando una distanza dalla tradizionale proposta della casa madre. Gomorra, o meglio i lavori giovanili di Saviano pubblicati su riviste e blog letterari, avevano il giusto pedigree; chi se ne accorse prima di altri fu Helena Janeczek che all’epoca scriveva proprio come Saviano per il blog Nazione Indiana. Dopo aver conosciuto l’autore ad una riunione dei collaboratori del blog, Helena fornì a Saviano il contatto di Brugnatelli poiché sapeva che l’editore stava in quel momento dando spazio ad una produzione letteraria che potesse accogliere di diritto la vocazione narrativa di Saviano.

Come si profila la figura di Edoardo Brugnatelli come direttore editoriale di Strade Blu? Esistono altri carteggi che ha tenuto con Saviano, oltre a quelli citati nel suo lavoro?

Edoardo Brugnatelli ha impresso a Strade blu un’anima in linea con i suoi gusti di lettura personali. L’editore stesso ama considerarsi un profano di letteratura italiana, interessato piuttosto alla narrativa straniera, alla saggistica, alla produzione degli studi sociali, ai lavori d’indagine sulla stretta attualità e così via. Temi questi che ritroviamo nei libri pubblicati negli anni della sua direzione della raccolta, se pensiamo ad opere come Il mondo che non vogliamo di Ignacio Ramonet o I fantasmi di Portopalo di Giovanni Maria Bellu. La corrispondenza epistolare con Saviano sicuramente non si è fermata alle e-mail riportate nell’apparato iconografico del mio saggio. Io ho trascritto tutte le lettere presenti sul web e rese pubbliche su iniziativa stessa di Brugnatelli perché mi sembrava un’operazione originale che nessun altro studio critico aveva compiuto sinora.

L’editing di Gomorra effettuato da Helena Janeczek fu poco invasivo, come emerge dall’intervista che lei le ha fatto e che posta in appendice al suo libro…

Sì, fu un lavoro che durò appena un mese (gennaio 2006). Se Gomorra fosse stato un libro concepito a tavolino in casa editrice e con fini meramente commerciali, l’intervento dell’editore sarebbe stato molto più invasivo, volto a dare risalto agli aspetti più appetibili al palato del vasto pubblico. Siccome per Gomorra le premesse non erano queste, l’editing di Helena Janeczek si limitò a sfrondare e a sfoltire l’autografo di Saviano, affinché potesse calare il prezzo di copertina (stabilito anche in base al numero di pagine) ma anche affinché il testo appaia più veloce e godibile agli occhi dei lettori. Helena lo ha definito un editing “normale”, “normotipo”, che poco o nulla ha alternato alla scrittura dell’autore se non la ripetizione eccessiva. Anzi era proprio intenzione dell’editrice quella di preservare la voce dell’autore, comprese le esuberanze provenienti dal suo essere giovane ed emergente. Penso che a ragion veduta Helena abbia fatto la scelta giusta e soprattutto rispettosa nei confronti di uno scrittore dotato di un’evidente carica passionale ed emotiva come Saviano.

Se dovesse proseguire la sua analisi sul testo Gomorra e sulla sua genesi, come procederebbe?

Mi piacerebbe poter consultare di persona in Mondadori, qualora ci fossero ancora, le bozze del testo di Gomorra prima dell’impaginazione, confrontarmi maggiormente con Brugnatelli e Janeczek sulle varie fasi operative che hanno coinvolto entrambi, scoprire se qualcun’altra figura di editore ha giocato un ruolo attivo nella valorizzazione della creazione dell’opera e soprattutto poter intervistare con Roberto Saviano.

 

MARIA GRAZIA FALA’