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Giorno: 26 Giugno 2017

Silvio Buzzanca: “Doppio turno, un voto “contro” il PD”

“Doppio turno, un voto “contro” il PD”

Il giornalista de La Repubblica spiega la sconfitta elettorale del Partito Democratico

Un allargamento della coalizione a sinistra come ipotesi di Orlando per ovviare alla débacle del PD alle comunali. Un voto “contro” il PD, con un travaso dei voti ai ballottaggi verso le forze di centrodestra, come a L’Aquila. Poi, le forze vincenti già litigiose, su questioni locali, come quelle di Padova, che lasciano pensare a un futuro incerto anche a destra. Inoltre, il modello vincente di Toti che non sembra esportabile a livello nazionale per l’opposizione del Cavaliere. Infine, un Movimento 5 Stelle perdente che forse vota per il centrodestra o si rifugia nell’astensionismo come molti elettori ex PD. Questi gli scenari, incerti, delineati da Silvio Buzzanca, giornalista parlamentare di La Repubblica, che ha seguito da vicino le ultime elezioni.

Secondo lei la dura sconfitta del centrosinistra è da imputarsi alla leadership renziana?

Questo è uno dei temi di discussione di oggi e lo sarà dei prossimi giorni, perché Matteo Renzi tende a minimizzare la portata della sconfitta: ha commentato “Poteva andare meglio”, praticamente non si è impegnato nella campagna elettorale e questo gli verrà rimproverato dalla minoranza interna. Già qualcuno parla di una riapertura del congresso del PD che si è appena concluso a maggio con la vittoria alle primarie di Renzi, che ha stravinto con l’80% dei voti contro Michele Emiliano e Andrea Orlando. Quest’ultimo adesso rilancia l’ipotesi di riallargare la coalizione, creando un centrosinistra molto più vasto senza l’idea dell’autosufficienza del PD. Comunque queste sono elezioni amministrative, contano molto i fattori locali e si vota con un sistema, il doppio turno, che negli ultimi anni ha sempre penalizzato il PD. Infatti, se questo non vince al primo turno, al secondo tutti gli avversari si coalizzano contro di lui e finisce per perdere quasi tutti i ballottaggi, come è successo l’anno scorso a Roma e a Torino.

Quale strategia ha reso vincenti i leader di centrodestra? Il fatto di trovarsi uniti? Il fatto di cavalcare idee “popolari” come la lotta ai migranti, al diritto allo ius soli, le battaglie per l’ordine pubblico?

La vittoria del centrodestra è a trazione leghista su questi temi (anche Fratelli d’Italia cavalca questa tigre). Tuttavia il partito di Berlusconi sembra essere in ripresa, perché i sondaggi presentati da Mentana ieri davano i leghisti e Forza Italia appaiati intorno al 14%, più quasi un 5% di Fratelli d’Italia che, sommati fanno, il 32%, la prima forza politica del paese. Invece il PD si aggira intorno al 26 – 27% e i grillini sono retrocessi attorno al 25%. Su questi numeri si costruiscono strategie, ma è evidente che Berlusconi non vorrà mollare per niente la leadership del centrodestra a Salvini. Continuerà quindi sul suo binario di ribadire sempre l’appartenenza al Partito Popolare Europeo e dunque con una posizione molto più cauta rispetto ai leghisti sull’euro, sui migranti, ecc.. Per esempio ieri sera, su alcune trasmissioni televisive, nonostante stessero vincendo, i leader del centrodestra già litigavano tra loro. Certo, si riferivano a fatti locali, che però segnalano un disagio. Per esempio a Padova Forza Italia con altri partiti aveva sfiduciato il sindaco leghista Massimo Bitonci che poi è caduto: si è andati a nuove elezioni dove Bitonci ha perso, e i leader del centrodestra si sono accusati a vicenda della sconfitta. Tale atteggiamento di rivalsa a livello locale nel centrodestra non depone molto bene per le alleanze nazionali. Nonostante infatti Berlusconi dica che c’è un accordo sui programmi al 95%, è quel 5% che contiene i temi più importanti, come l’atteggiamento verso l’Europa, le politiche europee e l’euro, e su questi i leghisti non sono d’accordo.

E su ciò concordano con i grillini…

Sicuramente le ultime decisione del governo danno una mano a questa campagna: il varo del decreto sulle banche venete non contribuirà ad affievolire le critiche populiste contro la finanza, le banche, la casta, i poteri nascosti e i complotti mondiali contro il popolo. Di tutto questo se ne avvantaggeranno leghisti e grillini.

Il Movimento 5 Stelle potrebbe aver travasato il proprio bacino elettorale sul centrodestra?

Sicuramente sì, ora bisognerà vedere con attenzione i flussi che gli analisti degli istituti di ricerca mostreranno. Tuttavia, a occhio e croce sembra evidente che, dove i grillini, cioè quasi dappertutto, sono rimasti fuori dal ballottaggio, hanno fatto confluire i loro voti sui candidati del centrodestra facendoli vincere.

Comunque bisogna tener anche conto che c’è stato un altissimo livello di astensione. Nei 111 comuni chiamati a votare ieri, ha votato solo il 46% degli aventi diritto contro il 58% del primo turno, con un calo dell’affluenza del 12%, il che rende ancora più complicato capire dove siano finiti i voti.

Molti voti grillini, anziché al centrodestra, potrebbero essere finiti nell’astensione, così come moltissimi voti, chiamiamoli di sinistra, si sono rifugiati nell’astensione abbandonando il PD e le sue alleanze.

Come valuta la vicenda de L’Aquila, che sembrava vinta dalle sinistre quasi al primo turno con un vantaggio di Americo Di Benedetto del 12% su Pierluigi Biondi, appoggiato da Lega, Forza Italia e Fratelli d’Italia?

Alla fine è successo il meccanismo secondo cui tutti quanti hanno votato contro il PD. Inoltre molti non sono andati a votare perché il secondo turno viene disertato da parecchi elettori, e non si capisce il perché, in quanto è quello decisivo.

Genova, con Marco Bucci, ha un nuovo sindaco di centrodestra. Tutto merito della giunta Toti?

Toti rivendica queste alleanze che privilegiano un rapporto strettissimo con la Lega e con Fratelli d’Italia, ha ottenuto un successo alle regionali e lo ha esportato a comuni come Genova e La Spezia, che è poi la patria del ministro della Giustizia Andrea Orlando. Sempre Toti pensa di fare lo stesso a livello nazionale, ma così entra in conflitto con Berlusconi, che di quel modello non ne vuole sapere perché metterebbe in discussione la sua leadership. Anche questo è uno degli sviluppi possibili su cui si lavorerà nei prossimi giorni.

Sesto San Giovanni, la cosiddetta Stalingrado del Nord, storica roccaforte comunista, ha perso questa sua vocazione…

Sesto San Giovanni, che era una delle roccaforti del Partito Comunista in Lombardia, è passato di mano ed è andato sotto la guida dei leghisti. Tuttavia questo non è l’unico insuccesso del PD in questa regione: esso ha perso i ballottaggi in tutti e tre i capoluoghi di provincia, Lodi, Monza e Como, in cui si votava, brutto segnale per Renzi, perché l’anno prossimo ci saranno le elezioni del governatore della Lombardia e sembra molto difficile strappare lo scettro a Maroni e alla Lega.

 

MARIA GRAZIA FALÀ